Matteo (Giovanni)


Così, eccoti qua, Matteo Giovanni. Matteo come volevano chiamarti i tuoi fratelli e la tua mamma. Giovanni (senza virgola, sia chiaro) come volevo chiamarti io, perché sono un romantico senza speranza e Giovanni era il nome di mio nonno, morto dieci anni fa e nato un secolo esatto prima di te.

Come immaginerai si tratta di un nome speciale per me, come speciale è la tua stessa esistenza. Due anni fa sarebbe stato un azzardo anche solo ipotizzare il tuo arrivo. Un atto di fede.Un giorno qualcuno ti potrà perfino dire che sei un bambino speciale. Non perché tu abbia chissà quali capacità (non lo so e di certo è troppo presto perché tu possa mostrarcele, sempre che non si parli della tua fame atavica, che sta mettendo a dura prova la mamma), ma perché il tuo arrivo era qualcosa di impensabile. Tutto avrei potuto immaginare guardando avanti nel tempo, salvo il tuo dolce dormire fra le mie braccia, stroncato dal latte, emettendo ogni tanto brividi di piacere e smemoratezza.

Sai, Matteo (Giovanni), io in fondo credo che tu sia un po’ la nostra ricompensa per tutto quello che abbiamo patito io e la tua mamma. Per la paura di non farcela, per la fatica di rimettere insieme i cocci di un vaso che era andato in frantumi e che non sapevamo più come ricomporre (e nemmeno se ci saremmo riusciti). Il nostro premio per la partita più difficile, come dicono i cattivi giornalisti. Per la nostra corsa più lunga.

Siamo stati fortunati, molto, e caparbi. Abbiamo pianto e riso. Abbiamo mantenuto una lucida cattiveria e abbiamo tenuto fede a una promessa, quella che se ci fossero venuti a prendere avrebbero dovuto farlo afferrandoci per l’ultimo dei nostri capelli (io avevo usato una espressione più colorita, ma il senso era quello).

Alla fine non ci hanno preso, pensa un po’. E tu sei qua con noi a testimoniarlo. Per quel che mi riguarda ho sempre il timore che non si siano ancora arresi, che se ne stiano acquattati nel buio in attesa del momento giusto. Lo so che sono tutte paranoie e che non c’è più nessuno da combattere all’orizzonte. Ma come ho promesso che non mi sarei mai arreso, so che è bene tenere la guardia alta, per non farsi più prendere alla sprovvista.

Oggi, però, quando ti guardo e soprattutto quando sono preso dai mille impegni che l’arrivo di un esserino come te porta sempre in una famiglia, mi dimentico di tutto, perfino della guerra che abbiamo combattuto. E in fondo è giusto così. Per quanto sembri impossibile con le pallottole che ti fischiano sulla testa e l’orecchio teso a distinguere il sibilo dei mortai, prima o poi la normalità, la routine, la dolce fatica dell’essere padre tornano a essere le padrone del tuo tempo, spazzando via (quasi) tutte le paure e lasciando in cambio una sicurezza e un coraggio senza ombre.

Per questo poche ore dopo che eri tornato a casa, mentre i tuoi fratelloni ti saltellavano intorno felici e impazienti di conoscerti, io vi ho guardato e mi sono sentito per la prima volta pienamente felice e riconoscente. Siete e sarete sempre la miglior cosa che ho combinato in questi miei quarant’anni pieni di errori e contraddizioni. E la vita, per quanto in un modo tutto suo e impossibile da decifrare, ha voluto darmi la possibilità di capirlo e di apprezzarlo. Donandomi te.

Vaìa

Commenti da Facebook:


2 thoughts on “Matteo (Giovanni)

  1. Non siete mai stati soli.
    Ma il risultato è tutto vostro, della vostra tenacia e del vostro amore.
    Gioia allo stato puro.

  2. Maurizio eri un bambino splendido che ho amato con tutto il cuore quell estate che hai passato da noi a massaquano .sei diventato una persona speciale ed un papà dolcissimo vorrei tanto un giorno abbracciare te e i tuoi bambini

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