Tanti cantieri e poca lungimiranza


Guardate questa foto.

Si tratta della "sontuosa" [tag]pista ciclabile[/tag] che il [tag]Comune di Torino[/tag] ha costruito in corso Vittorio Emanuele, una per lato, grosso modo da piazza Rivoli fino a piazza Adriano. Per realizzarla sono stati chiusi per circa un paio di mesi tutti i controviali del corso, con annessi posteggi "a lisca di pesce" capaci di ospitare ogni giorno centinaia e centinaia di automobili. In una zona ad elevata frequentazione di uffici et similia questo ha significato disagi non indifferenti.

Ma non è questo il punto. Le piste ciclabili sono le benvenute sempre e comunque. Sono da sempre favorevole a un modello "Torino = Amsterdam" dove si possa andare in giro in bici tutti i giorni dell’anno senza il rischio di dover effettuare gimcane fra camion/automobili/pedoni-impazziti-con-cani-al-guinzaglio. Le corsie riservate alle biciclette mi piacciono, insomma, sia quando sono eleganti come quella di via Bertola sia quando sono "mini-minor" come la pistina ciclabilina della foto (50 cm?).

Però preferirei che fosse costruite una volta sola. Regionando bene su quello che si sta facendo e pensando sempre che, per quanto il fine sia nobile, si sta comunque rompendo le balle a un sacco di gente. Quindi bisogna farlo: 1) con senso civico 2) bene 3) repidamente. E invece cosa ti scopre il prode ingegnere (o geometra) subalpino qualche mesetto dopo l’inaugurazione? Che le macchine arrivano con le ruote vicinissime al bordo, finendo con il paraurti sopra la pista ciclabile e restringendone ulteriormente la già esigua larghezza (anche in questo caso rimando alla foto di apertura, scattata con il mio fido K750).

Ragione per cui grazie a questo piccolo difetto di progettazione oggi stanno rispaccando tutto, eliminando posteggi nuovamente e rompendo i maroni agli abitanti di un quartiere già messo a dura prova da quall’altra piaga biblica socialmente utile che sono i cantieri del teleriscaldamento (che gli Dei stramaledicano gli operai dell'[tag]Aes[/tag] e la loro estenuante lunghezza).
Per cosa?, vi chiederete. Per aggiungere una zeppa al lavoro fatto male la prima volta (l’ho ridisegnata in rosso nella foto) e sistemare un piccolo scalino a lato della pista, che obblichi le auto a fermarsi prima e a non invadere lo spazio riservato alle due ruote "no oil". Sempre che qualche Suv non decida di osteggiare sopra a tutto travolgendo i ciclisti, con buona pace dei progettisti e di chi li lascia colpevolmente liberi di creare simili cagate.

Quindi, visto che anche per tutto questo paghiamo noi sia in termini di tempo perso a trovare posteggio e di stipendi per chi fa i lavori e chi li inventa… mi chiedo: ma non c’è proprio verso di far progettare le cose a chi poi le usa? Ci sarà bene un ingegnere/geometra/tecnico che gira in bici a cui chiedere consigli sul modo migliore di costruire una corsia riservata, o no? Altrimenti continueremo a spendere male il doppio dei soldi. Col risultato di domandarci senza speranza quale sia la logica di approvazione e controllo che sta dietro ai lavori che ci tocca subire.

Senza parlare di un altro tema scottante, che meriterebbe tomi di saggistica a parte: il coordinamento dei lavori pubblici. Che è quella cosa per cui se ti hanno sventrato la strada per il gas, quella di fianco in cui speravi di trovar rifugio sarà devastato per la sostituzione delle tubature e appena finito il tutto piomberà su di te la chiusura di un qualche passante (e qua ce ne sono ancora).

Insomma. Vorrei delle risposte e invito chiunque ce le abbia a fornirmele. Altrimenti davvero non mi resterà che attendere e sopportare. Come quei vecchietti rassegnati che hanno messo di chiedersi perché su alcuni autobus si possa aprire soltanto una parte infinitesimale del finestrino, che d’estate ci si boccheggia dentro, tanto da temere di finire stecchiti dall’afa. O che scommettono incuriositi su che cosa potranno aver mai trovato quelli dell’Aes sotto l’asfalto in via Villarfocchiardo, con lo scavo aperto da mesi e le macchine accatastate una sull’altra nel controviale di corso Francia, accuratamente sottomesso da un lustro ai lavori della metropolitana.

Vaìa

Commenti da Facebook:


Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *