Elezioni

Tempo di elezioni. I leader e “Il sogno di Giovanni”

Febbraio 2013. Tempo di elezioni.

Per aiutare gli italiani in questo difficile momento di scelta, abbiamo raggiunto i principali leader dei partiti che si presenteranno alle urne domenica per chiedere loro una battuta sul fenomeno editoriale del momento, “Il sogno di Giovanni”.

Ecco quello che ci hanno risposto.

M5S
Grillo: “Due romanzi e a casa!”.

Con Monti per l’Italia
Monti: “Lodevole iniziativa. L’ha già tradotto in tedesco? L’acquisto è detraibile?”.

Fare
Giannino: “Anche io ho scritto due libri di racconti, sa? È tutto su wikipedia”.

Lega Nord
Maroni, non ha rilasciato dichiarazioni. Si è limitato ad annusare il Kindle, senza capire come accenderlo.

Scelta Civile.
Ingroia. Chi?

SEL
Vendola: “Quefto libro, dimoftra una volta di più, che quando donne e uomini combattono per i loro diritti e i loro fogni, offeffivamente, perfino paroffifticamente, neffun traguardo è loro preclufo! È l’etica del lavoro, l’unica che può falvare quefto paese. L’unica in cui ci riconofciamo”.

Partito Democratico
Bersani: “Tocca alle forze politiche del centrosinistra, agli iscritti, ai militanti, agli elettori delle primarie ma anche ai cittadini che in questi anni non si sono mai arresi al berlusconismo, al populismo, all’epopea dell’immoralità, al maschilismo deteriore. Ciascuno può essere determinante con la propria iniziativa.”
Ehm… Il libro, dicevamo.
Il Partito Democratico, pur con i limiti di una formazione politica nuova, nata dalla confluenza di diverse correnti culturali, ha lottato giorno dopo giorno negli anni del predominio berlusconiano, ha risalito la corrente, costruito con tenacia e pazienza la credibilità di un’alternativa di governo.
Onorevole, il libro…
La sconfitta del berlusconismo e l’avvio di una fase stabile di ricostruzione civile, morale, economica del paese è a portata di mano. Dipende dalla vittoria del centrosinistra, alla Camera e al Senato.
Scusi…
Vi chiedo un impegno straordinario. Nei prossimi giorni, in particolare giovedì e venerdì, scendete in strada, parlate con i vicini, convincete persona per persona, conquistate voto per voto, bussate a ogni casa. In alcune città i giovani si sono organizzati per distribuire materiali di informazione alle fermate dei mezzi pubblici, sono saliti sugli autobus, sui treni, sulle metropolit…
Ok. Va bene così, grazieeeeee.

Popolo della Libertà
Saputo che si trattava di un libro, Alfano ha preferito non rispondere. Qualche ora fa è arrivata una sua lettera in redazione. La busta diceva già tutto: “COMPRIAMO VENTIMILA COPIE!”. Per prudenza non l’abbiamo aperta.

Vaìa

Poliziotto buono. Poliziotto cattivo.

Venerdì è il giorno dell’oxaliplatino.  La coda dei pazienti si smaltisce in fretta. Tutti sono stati registrati il giorno prima e non hanno più bisogno di parlare col medico per capire come sta andando la terapia o come reagisce il loro corpo. Si devono solo sedere, offrire il braccio o la cannula e lasciar fare agli infermieri. Io la cannula l’ho rifiutata. Preferisco farmi bucare ogni volta, piuttosto che avere un’appendice di plastica che mi spunta dal petto, a farmi sentire più malato di quel che sono. Mi tolgo il giaccone, mi siedo su una delle tante poltroncine verdi in finta pelle disponibili, di solito la più isolata, e aspetto l’infermiere per l’iniezione. Sembra il locale di un grande parrucchiere, anche se non proprio alla moda. Mancano però i caschi per la permanente, sostituiti dai bracci metallici per le flebo. Molti leggono, qualcuno parla. Altri guardano nel vuoto o sonnecchiano. Due stanze più avanti ci sono i letti dove riposano quelli più malati o stanchi. Alcuni li vedevo solo poche settimane fa, seduti qua con noi.

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Domande mancate

Romanzo brevissimo in 300 caratteri.

Inciampo nei miei piedi mentre mi avvicino per chiederle di uscire. Con la mano cerco il bordo del tavolino, ma manco la presa e lo rovescio a terra, biascicando una bestemmia a mezza bocca. Lei mi guarda, strizza gli occhi e sorride. E io so che dirà di sì, anche se non le ho fatto alcuna domanda.

Vaìa

66 anni dopo

65 anni non sono tanto in senso assoluto. Sono tre generazioni, gli anni dei nostri genitori, dei nonni dei nostri figli. Parliamo di gente che conosciamo, che ha formato il nostro carattere, educato, in alcuni casi. Che ci ha istruito, coccolato, sgridato. Gente che ha fatto parte della nostra quotidianità dal primo momento che abbiamo fatto la nostra comparsa al mondo e che, se siamo fortunati, lo farà ancora per parecchio tempo.

No perché se vi parlassi dei Fenici o degli antichi Babilonesi, ok. Sono passati migliaia di anni, non è che posso stare qua a sottilizzare sul tempo come valore assoluto, dire che in fondo 2000 anni son niente rispetto all’eternità dell’universo. Stessa cosa se vi parlassi di Cavour o di Garibalbi o di Mazzini. Lenin no, che a parte che è più vicino nel tempo, roba da bisnonni insomma, ma poi finisce che mi danno del comunista nostalgico. No, limitiamoci ai nostri genitori.

Quando sono venuti al mondo, in media, erano gli anni del primo dopoguerra. De Gasperi, Togliatti, Nenni… Quella roba là. C’era l’uomo qualunque di Giannini, lo concedo, ma in fondo era roba da poco. C’era il movimento indipendentista della Sicilia, ma chi ci credeva sul serio? C’erano invece, quello sì, politici usciti da una guerra, nemici prima che avversari, ma capaci di sedersi a un tavolo e fare Politica. Mettendo da parte le proprie ideologie per un bene comune e durevole: la Costituzione. Regole chiare, condivise, universali.

I nostri genitori, i nonni dei nostri figli, sono nati in anni in cui si mettevano nero su bianco frasi come “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. O come “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. E ancora “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”.

65 anni fa. 66, per la precisione. In soli 66 anni ci siamo ridotti nello stato che conosciamo tutti. Non ho voglia nemmeno di riassumerlo, ché non saprei da dove iniziare tanto è lungo l’elenco. Cosa preferire? Le migliaia di euro nostri spesi a ogni latitudine per i propri comodi o la negazione dei diritti civili? La demolizione sistematica del welfare? Le mummie che si risvegliano? L’incapacità di guardare oltre le prossime elezioni?

66 anni. 792 mesi. 24mila giorni, tramonto più tramonto meno. Ma come cazzo abbiamo potuto permetterlo?

Vaìa

Primarie e vecchi merletti. Volevo Renzi, mi ritrovo l’IMU

Le primarie ci sono state e finalmente sono finite. Si è discusso, si è fatta polemica e poi ha vinto Bersani. Ho votato? Alla fine no. Al primo giro mi ero iscritto ma non ho potuto per motivi vari, mentre al secondo mi sono registrato (di nuovo) on line, ma non ho ricevuto l’autorizzazione per presentarmi. Evidentemente la mia giustifica non è stata sufficiente, ma presentarmi là per mendicare la possibilità di votare mi pareva sinceramente troppo ridicolo. D’altro canto ci sono due cose che non sopporto: rendermi ridicolo e chiedere un favore. Tirate voi le somme.

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La vie en rose

Si guardò un’ultima volta allo specchio prima di uscire. Jeans di marca finto trasandati, scoloriti sulle ginocchia e con qualche scucitura strategica, sneakers ai piedi, camicia blu e giacca grigio scura, separata per l’occasione dal completo buono. Aveva dato fondo alle risorse del suo armadio e il risultato gli piaceva. Anche i capelli, che di solito detestava, era riuscito a pettinarli nel modo migliore, animando il ciuffo con un po’ di gel e lasciandolo sparato verso l’alto quel tanto che bastava per essere alla moda, ma senza eccedere. “Decisamente un bel tipo”, pensò.

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Magna magna

Lasciò la macchina in doppia fila, contando sulla buona sorte e sul solito, logoro, cartellino ufficiale con su scritto “medico in visita domiciliare” e logo d’ordinanza dell’Asl. Buttò la cicca della sigaretta per terra, schiacciandola sul selciato con il tacco della scarpa in coccodrillo. Quindi Continuò a parlare al telefono, come negli ultimi cinque minuti.

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