In un futuro aprile

babbo

Mi manca di te il tuo respiro. Regolare, come un mantice che sbuffava sul fuoco della tua inventiva, quasi a volerne modellare il ritmo. Una ballata lenta, che dava il tempo alle tue mani che ritagliavano carta, coloravano legni, tiravano corda, impastavano colla. Mentre Paolo Conte suonava con la sua orchestrina jazz uno di quei pezzi che ti piacevano tanto. Continue reading

1 X 2

totocalcioC’era questo bar, all’angolo della piazza dietro via Domodossola, dove si giocava al Totocalcio. Mio padre mi dava i soldi per la schedina e io mi mettevo diligentemente in coda, in attesa che l’omino dietro il vetro della postazione Sisal la prendesse e ci appiccicasse sopra una lunga lingua di carta verde pallido (a volte due, una sopra l’altra), utilizzando un vecchio pennellino affogato nella colla. Era il rito laico della domenica mattina, la nostra messa sportiva lenta e solenne. 

Finito di incollarla, il barista la rimirava per bene davanti e dietro. Con l’aiuto di un righello in metallo pieno di tacche ne strappava via un terzo e me lo restituiva insieme al resto, mentre nell’aria si diffondeva un meraviglioso odore analogico di inchiostro e mandorla.

Le partite andavano come dovevano andare. Male, il più delle volte. La sera mio padre ascoltava il montepremi annunciato alla tv e scuoteva la testa. Non abbiamo mai vinto, non ci siamo nemmeno mai andati vicino. E sono certo che nel caso, ci saremmo dovuti accontentare di quote “popolari”. Ma vuoi mettere la soddisfazione?

Stamattina mi sono svegliato con questo scorcio degli anni Settanta spuntato fuori chissà come dalla mia memoria. E mi ha fatto ridere di gusto, perché era bello e ricco di vita. Sono certo che in qualche modo me lo abbia suggerito tu.

E va bene così.

Vaìa

L’editore

stella

Un giorno il Capo, che era il Capo e quindi aveva ragione per diritto divino, si trovò per le mani il racconto di un giovane ingenuo e presuntuoso, convinto di poter scrivere dei massimi sistemi senza nemmeno aver imparato a farsi la barba come si deve. Quello che il Capo gli disse rimane ancora oggi chiuso in un cassetto della mente di quel ragazzino ormai invecchiato, sotto l’etichetta “lezioni di vita”.

Come ammenda, il giovanotto scrisse un altro breve racconto: “L’editore”. Al Capo piacque e si fecero una bella risata, nella redazione del giornale dove si trovarono a passare molto tempo insieme, qualche era geologica fa. L’uno insegnando e l’altro imparando come poteva.

Qualche giorno dopo che il Capo se è andato ho riaperto quel cassetto e mi sono fatto un’altra bella risata, alla sua memoria.

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L’editore

“Per aria?” chiese l’ospite.
“Per aria, per aria… Coi piedi per aria. Che scemenza!” rispose l’editore. E giù un bicchiere. Il terzo. “Gesù, già lo sento che mi metterò a straparlare. Tre bicchieri in dieci minuti. È che questo racconto mi ha ucciso”. Continue reading

Gli occhiali

occhiali

Una persona muore e rimane intatto il suo odore. Nelle sue stanze. Nei cassetti. Sui vestiti che ha indossato e lasciato dentro l’armadio, una sera. Perché mica lo sapeva che non li avrebbe più messi. E’ buffo, l’odore. Non lo vedi, non ci pensi mai. Ma poi è lui quello che resta addosso alle cose che tocchiamo e che scatena i ricordi più vivi.
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“Di chi sei figlio tu?”

babbo

Mario Gomboli era nostro padre. E lo dico sinceramente: era un padre impegnativo. Quando ero bambino molti dei miei compagni di scuola la sera guardavano Drive In. Noi l’albero degli zoccoli, di Olmi. Molti dei loro padri, che come noi venivano da fuori, li avevano spinti a tifare per la Juve. Noi per la Fiorentina, con tutte le amorevoli sciagure del caso. Non siamo mai stati una famiglia abituata a vincere. 

Mio babbo era così. Mai dalla parte più facile, mai con le soluzioni più comode in tasca. Mai dalla parte dei più. Lui aveva il suo modo di vivere la vita e difficilmente veniva a patti. Si infervorava subito, per così dire. Prendeva il suo sgabellino portatile, ci saliva sopra e iniziava un comizio.  Continue reading

“Firlifù” in regalo? Perché no, secondo “Regali per bimbi”

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Non ci avevo pensato, in effetti. Ma la fiaba di “Firlifù” potrebbe anche essere un gran bel regalo, per grandi e piccini. Soprattutto ora che si avvicina a grandi falcate la festa del Papà…

Sul sito di “Regali per bimbi” (un punto di riferimento imprescindibile per chiunque abbia figli) l’idea deve aver fatto breccia, almeno a giudicare dalla foto che campeggia in home page (qua il link diretto).

E voi? Avete già letto “Firlifù” ai vostri bimbi? O lo regalerete a qualcuno?

Oltre che su “Regali per bimbi”, l’eBook è sempre disponibile in formato Kindle ed ePub su  Amazon o nelle migliori librerie del Regno.

Vaìa

“It’s now or Firli”. Quando anche i draghi erano rock!

Elvis_firlifù

“It’s now or never”… cantava un giovanissimo Elvis Presley con voce profonda, facendo cadere in deliquio migliaia di giovani ragazze americane. Ma forse non tutti sanno che una leggenda attribuisce alla prima versione della canzone una genesi molto diversa. “La stesura originaria – racconta Dakota Fifty, allora giovanissima zia di terzo grado del futuro re del rock – parlava di un piccolo drago, la cui leggenda era già nota in tutto il Mississipi”.

“Non appena scritto il testo, lo musicò e lo cantò a dei bambini del posto”, prosegue zia Dakota. “Ma non appena sentirono la storia scapparono tutti a gambe levate dalla paura”, tanto che Elvis decise di cambiare le parole, trasformandola nel romantico capolavoro che tutti conosciamo e amiamo.

Leggenda o verità? Oggi è difficile dirlo e non vogliamo certo contribuire a rivangare una storia di cui a Tupelo nessuno sembra più disposto a parlare volentieri. Quel che è certo è che anche i draghi hanno avuto un’anima rock e che la fiaba di Maurizio Gomboli è disponibile su Amazon o nei migliori eBook store del Regno.

Vaìa

(Immagine Andrea Marchisio)