Il PD è morto, ma non è un lutto di sinistra.


Il PD è morto, ma non è un lutto di sinistra. Anzi, parafrasando la battuta di una comico di tanti anni fa: è partito democratico ed è arrivato democristiano. In questo caso è morto, democristiano.

Ma la cosa peggiore non è neanche questa. Quanto il fatto che nei suoi 20 anni di vita, a ben vedere, non ricordo a memoria un solo tema veramente di sinistra che sia stato difeso, portato avanti dal PD (e dai suoi antenati PDS, DS e compagnia). Non uno per cui il partito abbia lottato davvero. Non l’eutanasia. Non i matrimoni o le adozioni omosessuali (manco le unioni civili, figuriamoci). Non la scuola pubblica. Non la laicità dello Stato. Non il conflitto di interesse. Non la riforma “sostenibile” del mercato del lavoro. Niente di tutto questo.  Parole, tante. Slogan, una marea. Impegno, zero.

Tutti questi argomenti, che per una persona di sinistra come me sono ESSENZIALI nell’agenda di ogni partito che si proclami altrettanto di sinistra, sono stati ogni volta rimossi o rimandati a tempi migliori con le motivazioni più varie. Le alleanze coi cattolici, la mancanza di voti sufficienti, l’impellenza di altri fini più urgenti . Eccetera, eccetera, eccetera. Non siete d’accordo? Ottimo! Basta che mi citiate una sola grande lotta del PD di questi anni è io ne prenderò atto. Una. Non è difficile, no?

L’unico collante del PD in tutto questi anni è stata una facile (facilissima per altro) presa di posizione ideologica contro il berlusconismo. L’unica cosa che ci ha spinto a votarli, fino a oggi, è stata l’idea che dall’altra parte fosse molto, ma molto peggio. Non un voto “per”, come abbiamo sperimentato sulle nostre spalle (turandoci il naso), ma sempre un voto “contro”. Lo stesso giochetto che oggi iniziavano a mettere in pratica, prima del tracollo, contro i Grillini. E che ci ha portato, negli anni, a perdonare l’imperdonabile o a votare gente improponibile come Rutelli.

Ma il punto è che oggi, dopo vent’anni di questa solfa, agitare lo spettro del “male” non basta più. Gli scandali, pochi in senso assoluto ma significativi (il Monte dei Paschi o l’Unipol di “abbiamo una banca?”, solo per citarne alcuni) si sono aggiunti a uno scollamento totale dal paese e a una incapacità conclamata di trovare vie veramente di sinistra per proporsi davvero come forza di governo e per uscire dalla crisi, economica e di valori, in cui l’Italia stava precipitando. Come un ragazzo che spreca i suoi anni migliori senza mai provarci davvero con la tipa che gli piace, nella speranza che prima o poi lei capisca quanto in realtà lui sia affascinante, anche se fino a quel momento è rimasto fermo a mimetizzarsi con la tappezzeria.

La spaccatura interna e la totale incapacità di presentarsi come una forza credibile, dimostrata una volta di più in questi giorni con l’elezione del nuovo Capo dello Stato (ormai potrebbero votare anche Topolino, cambia poco), sono state soltanto la ciliegina marcia su una torta che ormai è diventata indigesta agli stessi elettori del PD più fedeli alla linea. A volerla difendere e mangiare sono ormai solo più gli ultimi capi e capetti delle varie correnti. Gli ultimi rappresentanti della nomenklatura. Gente che ha vissuto tutta la vita agitando lo spettro di Berlusconi, senza opporvisi mai veramente per non perdere la propria facile posizione di potere.

Perché è molto più facile “dirsi” di sinistra, che “esserlo”.

Perché dimostrare di essere di sinistra avrebbe significato assumersi responsabilità chiaramente troppo grandi per le spalle piccole e fragili di questi ultimi burocrati. Il risultato è che oggi, se penso al centro sinistra che abbiamo avuto (di certo il peggiore al mondo) penso a una marea di occasioni mancate e a pochissimi esempi di buon governo. Un buon governo, per altro, da semplici amministratori seri e onesti, che in un mondo di affaristi strafatti di viagra assurgono subito al ruolo di statisti.

Perché dopo 20 anni di degrado morale e antropologico del berlusconismo, quando ci siamo trovati davanti il buon Monti ci è sembrato di avere a che fare con JFK, salvo scoprire che l’unica soluzione che era in grado di trovare per rimettere a posto i conti era l’aumento di benzina e sigarette. Altro che esperto di economia. Pareva un doroteo qualsiasi, di quelli con gli occhiali neri e la pancia da mangiatori di cannoli siciliani.

All’ombra di quel degrado il PD si è accoccolato come un gatto davanti al caminetto. Soffiando svogliatamente il nemico, ma guardandosi bene dal graffiarlo, altrimenti… chissà… magari avrebbe dovuto alzarsi da quella posizione tanto comoda e mettersi a cercarne un’altra, sicuramente più instabile e faticosa. Sai la fatica?

Se adesso guardo ai pochi che ancora pensano di poterlo cambiare da dentro, il PD, se ascolto le loro parole, se percepisco il loro impegno, non so sinceramente se provare più rabbia o tenerezza. Mi fanno venire in mente quelle persone che mentre la casa crolla, cercano di afferrare le macerie un pezzo alla volta per rimetterle a posto. E non importa se mentre ricostruiscono un metro di muro tutto il tetto se ne viene giù. Mentre tutto intorno chi potrebbe aiutarli non muove un dito o peggio, di nascosto dà un calcio alle parti ancora in piedi.

Tanto vale, a questo punto, osservare il crollo e aspettare che cessi del tutto. E allora sì, mettersi a scavare a mani nude, senza nemmeno aspettare i soccorsi, per vedere se c’è ancora qualcosa da salvare e da portare con sé. Un ricordo, un valore, un ideale, un’idea, una prospettiva. Scommetto che ne verrebbe fuori una casa tutta nuova e più bella. Magari non perfetta, di sicuro meglio frequentata. Ma dico io, dopo vent’anni di prese in giro e mal di pancia, non sarebbe anche l’ora?

Vaìa

 

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