La processione (racconto al tempo del Conclave)


20.45
– Pronto, Monica? Amore?
– Massimo, ma dove diavolo sei? Sono già le nove meno un quarto!
– Amore lo so che sono in ritardo, ti giuro che lo so. Ma non è colpa mia. Stammi a sentire, tu trattieni un po’ i tuoi genitori davanti al ristorante, io dovrei arrivare in qualche minuto. Venti al massimo.
– Venti minuti? Non è possibile! Massimo lo sai che ci tenevo che tu facessi buona impressione con i miei. È la prima volta che li incontri. Ma si può sapere per quale motivo non sei già qua?

– Ecco, è un po’ difficile da spiegare tesoro. Sono fermo davanti a un passaggio pedonale. C’è una specie di manifestazione, non so bene. È solo che c’è un tale fiumana di persone che mi è impossibile attraversarla con la macchina. Devo per forza aspettare che finisca.
– Ma chi sono? Operai in sciopero? Tifosi in rivolta? Sono le nove di martedì sera! Che razza di manifestazione ci potrà mai essere?
– Senti, so che può sembrare strano, ma sono suore.
– Suore?!
– Sì, tesoruccio. Una processione di suore. E se devo dirtela tutta la situazione inizia ad avere un non so che di paradossale. Sono cinque minuti buoni che hanno iniziato a passarmi davanti sulle strisce. Ne ho fatta attraversare una e questa invece di raggiungere l’altro marciapiede mi si è piazzata di spalle davanti al cofano e ha iniziato a dirigere il traffico delle consorelle con gesti da vigile. Le manca solo il fischietto e poi…
– SUORE!
– Senti, che ci posso fare? Se ti dico che sono suore sono suore! Cos’è, non mi credi?
– Beh… ammetterai che è una delle spiegazioni più strane che potevi darmi, non trovi? Pensi che possa raccontarla ai miei?
– No, forse no… Ok, allora digli che sono fermo per un incidente in tangenziale, mi pare più plausibile no?
– Va bene farò così, ma tu cerca di muoverti? Hai capito?
– Sì, sì. Ho capito. Ti richiamo più tardi. Ok, amore?
– Click!
– Amore?

21.20
– Pronto?
– Ciao, sono io. Avete già preso posto a tavola, sì?
– Sì. Certo che sì. Sono le nove e venti! Ma tu almeno stai arrivando? Mamma inizia ad essere nervosa. Tiene molto alla puntualità, per lei è proprio un chiodo fisso. Io le ho detto dell’incidente, ma continua a guardare l’orologio. Quanto ci metti ancora?
– Senti Monica, tesoro… Sto arrivando…
– Sì, ma dove sei?
– All’incrocio di prima.
– COSA? MA COS’È… CI SONO ANCORA LE SUORE?
– Amore non gridare, ti prego. Non ci sono più le suore. Hanno smesso di passare da qualche minuto.
– Bene. E allora?
– Allora, come dire, sembra che sia il turno delle guardie svizzere. Sai quelle che vedi in televisione? Quando fanno il cambio della guardia a Roma? Proprio quelle…
– …
– Monica?
– Guardie svizzere! Adesso ci sono le guardie svizzere? Massimo, ti rendi conto vero? Ti rendi conto della bestialità che mi stai raccontando? Ma cosa pensi, che ti creda? Che l’intero maledetto stato del Vaticano si sia messo d’impegno per farti arrivare in ritardo?
– Senti lo so anche io che può sembrarti strano… ma è così. Guarda, al momento stanno marciando tamburini e alabardieri. Gli ufficiali hanno già attraversato… Se va bene in dieci minuti ci togliamo il pensiero.
– Dieci minuti? Ancora? Più almeno altri dieci per arrivare qua. Oddio Massimo, ma cosa gli racconto ai miei? Che hai avuto un altro incidente? Guardie svizzere in pieno centro… Ma ti rendi conto, vero?
– Senti, che vuoi che ti dica? Ci sarà una qualche rappresentazione religiosa. Una missione diplomatica. Cazzo ne so! Qualcosa un motivo ci dovrà pur essere, non trovi?
– Facciamo così, richiamami quando sei riuscito a ripartire, d’accordo? Non so che altro dirti. Io mi inventerò qualcosa con mamma e papà. Però poi di questa cosa ne riparliamo, stai sicuro.

22.47
– Amore?
– …
– Pronto? Tesoruccio?
– Massimo? Posso avere l’onore di sapere dove diavolo sei?
– Non ti arrabbiare, ok? Sono ancora qua… Senti io non so davvero che dirti. Mi dispiace, lo capisco se non mi credi, ma non so proprio che cosa farci. Io…
– Ci sono ancora le guardie svizzere?
– No, sono passate.
– Anche le suore sono passate, no?
– Sì, anche loro.
– Allora perché, di grazia, sei ancora lì?
– Monica, io…
– Perché sei ancora fermo lì, Massimo?
– Vescovi…
– Cosa?
– Stanno attraversando dei vescovi…
– COSA?
– Monica, ti ho già chiesto di non urlare. Per favore.
– AH! IO DOVREI ANCHE NON URLARE VERO? MA LO SAI CHE MIA MADRE HA GIÀ INIZIATO A MANGIARE SENZA DI NOI? SONO QUASI LE UNDICI, MASSIMO, LE UNDICI! E TU ADESSO MI VIENI A DIRE CHE CI SONO I VESCOVI A SBARRARTI LA STRADA!
– Monica, ti prego. Mi fai venire mal di testa.
– I VESCOVI!
– Senti, appena finiscono ti prometto che arrivo.
– EH NO, CARINO. TU ADESSO INIZI A SUONARE QUEL CAZZO DI CLACSON CHE TI RITROVI E TROVI UN MODO PER PASSARE! HAI CAPITO?
– Sì, Monica. Ho capito, ma non urlare. Adesso suono il clacson e mi faccio strada, va bene? Monica? Mi hai sentito? Monica?

23.18
– Pronto? Monica?
– Massimo, amore! Ma che piacere! Non dirmi che hai trovato strada libera finalmente?
– Sì.
– Benissimo, ero proprio qua con mamma e papà a raccontare del secondo terribile incidente che ti ha bloccato sulla tangenziale.
– Sì Monica, ma…
– Stiamo mangiando il dolce, al momento. Un tiramisù davvero sublime! Unisciti a noi almeno per un caffè e un amaro. Sì, papà glielo dico… Papà è tanto ansioso di conoscerti.
– Non posso, Monica…
– Non puoi, tesoro? Come sarebbe a dire non puoi? Dice che non può, ma scherza, è un mattacchione proprio come te papà…
– Ho fatto come hai detto tu, amore. Ho iniziato a suonare il clacson e ad accelerare con la macchina…
– Allora? Aspetta mamma, ora glielo chiedo… Mamma vuole sapere che succede.
– Ecco, i vescovi erano passati tutti… la strada sembrava sgombra. Così sono partito a tavoletta.
– Bravo, che ti avevo detto, io?
– Solo che…
– Solo che?
– Solo che mi hanno arrestato, Monica. Ho paura di aver investito il Papa.

Vaìa

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